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Gli architetti Eugenio ed Ermenegildo Soncini, nel corso di una lunga e intensa attività progettuale in Italia e all’estero, firmano un gran numero di edifici a Milano che, per ispirazione e importanza, li pongono fra i protagonisti dell’architettura del dopoguerra.
Nonostante lo scarso riconoscimento da parte della cultura ufficiale, al tempo fortemente politicizzata, i Soncini concepiscono e realizzano centinaia di progetti che punteggiano oggi la mappa della nostra città, contribuendo attivamente al processo ricostruttivo urbano.
Eugenio Soncini (Milano, 1906–1993), figlio maggiore in una famiglia molto numerosa, si laurea in Ingegneria al Politecnico nel 1929 e intraprende una collaborazione prima con lo studio di Emilio Lancia e successivamente con Gio Ponti. Quest’ultimo lavoro si rivela un connubio così felice, che dopo pochi mesi lo
stesso Ponti decide di avviare insieme al giovane Eugenio Soncini lo Studio Ponti, Fornaroli, Soncini.
Negli anni Trenta e Quaranta lo Studio lavora incessantemente a molteplici progetti, tra cui la ristrutturazione degli interni dell’Istituto Italiano di Cultura presso Palazzo Fuerstenberg a Vienna (1926), diverse abitazioni private a Milano – Casa Marmont (1934), Casa Laporte (1936), Casa Buffa e Casa Sissa (1935), Casa di via Appiani (1939) – e l’imponente Palazzo Montecatini (1939).
Nonostante l’importanza di questo primo periodo di formazione pratica e crescita professionale, Eugenio Soncini inizia tuttavia a percepire il connubio con Ponti come limitativo al proprio lavoro e creatività. Così, quando il fratello Ermenegildo (Milano 1918–2013) si laurea in Architettura, coglie l’occasione per aprire nel 1947 uno studio indipendente a Milano, lo Studio S&S, in via Ariosto 1.
I due architetti lavorano particolarmente nel contesto milanese e progettano edifici ad uso commerciale e per uffici, come il Grattacielo di Milano (1955) e la Torre Tirrena (1956), la sede della Galbani in via F. Filzi (1960) e quella del Credito Italiano in via M. Gioia (1966); altri ad uso ospedaliero, come la Clinica Columbus, iniziata con Ponti nel 1940 e portata a termine in autonomia nel 1948, la Clinica Capitanio (1947) e la Clinica La Madonnina (1954) a Milano o la Casa di Cura Sant’Anna (1964) a Imperia; a questi si aggiungono edifici di abitazione privata, edilizia commerciale, edilizia scolastica, oltre che progetti di arredamenti e di interni.
La loro architettura incarna pienamente gli ideali delle forze imprenditoriali milanesi degli anni Cinquanta, esaltandone il dinamismo e la tensione tecnologica, ma esprime anche i valori morali ed etici della cultura razionalista prebellica. È dunque lo specchio di quell’imperativo morale di cui parlava Pagano, nelle pagine
di Casabella, già nel 1935: «architettura moderna significa anzitutto architettura fatta per uomini appartenenti alla civiltà contemporanea; significa architettura moralmente, socialmente, economicamente, spiritualmente legata alle condizioni del nostro paese; significa costruire per rappresentare gli ideali del
popolo, per soddisfarne i bisogni, per “servire” nel vero senso della parola» (Giuseppe Pagano, “Architettura nazionale”, in Casabella, n.85, gennaio 1935)
L’archivio professionale degli architetti Soncini è stato depositato dagli eredi presso il CASVA nel 2017 ed è consultabile previo appuntamento.