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Francesco Ginoulhiac (Napoli 1935 – Bergamo 2003) e Teresa Arslan (Bolzano 1934) si conobbero durante gli studi universitari frequentando il Politecnico di Milano dove si laurearono nel 1961.
Dopo alcune esperienze lavorative individuali fondarono il loro studio a Bergamo dove si sposarono nel1963.
Nella loro produzione architettonica, legata strettamente al territorio bergamasco, spiccano per numero i progetti costruttivi per condomini e per case private, anche se non mancano edifici pubblici, quali scuole e asili, e spicca per importanza e complessità del progetto, il nuovo Teatro Comunale di Cagliari (1964 –1993); un capitolo a sé invece riguarda la progettazione del design di case viaggianti e camper che seguirono negli anni Novanta con interessanti risultati, ma senza una vera fortuna commerciale.
Uno degli ambiti in cui espressero con libertà il loro linguaggio architettonico fu sicuramente quello dell’edilizia privata, particolarmente rivolta alle case singole.
A partire dalla metà degli anni Sessanta, i coniugi, pur rifacendosi ai maestri europei, da Alvar Aalto a Erwin Anton Gutkind, arrivando a Ernesto Nathan Rogers e a Bruno Zevi, sperimentarono un linguaggio affatto nuovo per il territorio, fatto di linee, piani, superfici e volumi che si intersecano, ruotano, si chiudono o si aprono su un paesaggio di campagna e vallate che non aveva ancora ospitato nulla di simile.
È uno stile il loro che, pur distanziandosi considerevolmente dalla tradizione del territorio, non nasce da uno studio “a tavolino”, né dal desiderio di sperimentare nella pratica idee predefinite, ma dalla rielaborazione di percorsi già visitati attraverso le varie esperienze in un continuo fluire di studio e pratica.
Il loro linguaggio architettonico è sempre riconoscibile e non inquadrabile in una scuola definita: pur ponendosi nell’alveo del costruttivismo, sperimentano i linguaggi dell’organicismo, dell’espressionismo, del neoplasticismo, del post-razionalismo, del brutalismo, traendone suggestioni che si intersecano, sovrappongono o contrastano nella loro architettura nell’arco di quarant’anni di professione.
L’elemento ricorrente nei loro progetti è la linea curva che si concretizza all’interno delle case nelle scale a chiocciola, nei balconi o nelle grandi canne fumarie, ma diviene intero
corpo di fabbrica in progetti come quello per l’asilo di Ponte San Pietro che assume una forma a spirale nella pianta. Anche l’uso della curva non è mai gratuito, ma è sempre dettato dalla ricerca di una spazialità specifica e coerente con la funzione e l’impianto dell’edificio.